M’assilla (in parte) la mancanza di verticalità,
l’onda delle gonne sulle scale del metrò,
la linea del letto nei mattini
ora che mi stendo, anche in questo meriggio di afosa frescura,
sullo sbalzo della sabbia in limite al bosco.
E contemplo il mare,
l’abbozzo di casa sul fondale di palme,
lo smosso della terra vangata di fresco,
e tutto ciò che dopo l’uragano mi narra traiettoria inedita.
Ora di riposo, quieta, avulsa dal rimpianto.
Robinson, è fatuo interrompere, frangendola,
l’evoluzione del corpo e dell’anima.
Scolora la calura, e di nuovo è tempo
d’operare in coccolata solitudine.