Dietro le luci
e le gocce piane
di pioggia
aprirò lo sguardo al ridere
del fiume.
Neppure su esso
il fato invertirà
il suo volare
e oro e argento
scintilleranno
prima di obliarsi
al buio.
Paura e vergogna
o solo istinto
ti hanno rubato me
ma il volgere del tempo
non è invano.
Se getto i dadi
(e vinco)
non è per capriccio di sorte.
Dall’incrocio delle parole
riparto via.
E tu
tu resti un ricordo
che non ho mai
ricordato,
senza viso né fiato.
Ma un po’ di me
rimane inchiodato
per l’eterno
nel cielo di marzo.
(Rovereto, giugno 1992 – a M.C.)